
4TH INTERNATIONAL HAEMODYNAMIC SYMPOSIUM ON VENOUS DISORDERS: 360° di SAFENA
Intervista al Dott. Stefano Ghiro Dirigente medico Dipartimento Urgenza ed Emergenza ULSS 7 Pedemontana, specialista in chirurgia vascolare.
Angelica Montagna
Due giorni di convegno nel cuore di Bassano del Grappa, il 20 e 21 settembre per parlare di Safena. Si è trattato del quarto simposio internazionale emodinamico sui disturbi venosi. All’evento hanno partecipato nomi illustri come quello del professor Claude Franceschi arrivato direttamente da Parigi, un luminare considerato numero uno al mondo nel suo campo, che ha parlato di come sia importante agire nel bene del paziente dal punto di vista non soltanto estetico ma con metodiche del tutto nuove. Gli obiettivi formativi del corso hanno riguardato l’approfondimento, con approccio emodinamico, della fisiologia e della fisiopatologia della safena, nel suo ruolo all’interno del sistema venoso ma anche del suo ruolo “utile” in ambito arterioso. Ad organizzare la due giorni dal sapore internazionale, il dott. Stefano Ghiro che abbiamo avvicinato per l’intervista che segue. Alle spalle, un comitato scientifico di tutto rispetto.
Iniziamo parlando di safena.
Per alcuni,un nome sconosciuto. Facciamo un po’ di chiarezza.
La vena safena o vena grande safena è il vaso venoso periferico più importante che abbiamo, che parte a livello del piede per arrivare all’inguine. Parliamo quindi del sistema venoso.
Da che base si è partiti per organizzare il convegno?
Sostanzialmente è stata quella di associare il concetto di salute al concetto di sanità. Teniamo in considerazione che il sistema venoso ha una problematica di elevata incidenza nella popolazione che va da un mero aspetto estetico, fino ad aspetti molto più complessi che sono quelli legati alle varici con le complicanze che possono essere le trombosi, le flebiti, le ulcere fino all’ embolia polmonare causa di morte.
Molti i relatori che si sono susseguiti al simposio…
Certamente. Abbiamo avuto un approccio multidisciplinare al problema. Questo è stato davvero di grande interesse, perché affrontato da più esperti. Abbiamo cercato di approfondire la conoscenza su questo sistema che normalmente, dal mio punto di vista, non sempre è stato considerato come dovrebbe. C’è bisogno di creare persone competenti, esperte per risolvere certe problematiche, con la giusta conoscenza della fisiopatologia. Come detto, c’è una considerevole incidenza di malattie legate al sistema venoso, con una notevole ricaduta economica. Il giusto approccio andrebbe a migliorare anche questo aspetto.
Come sono stati chiusi i lavori al simposio?
Ci siamo dati un arrivederci, non un addio, sempre più consapevoli della volontà di portare avanti e creare un sistema multidisciplinare per mettere in contatto le diverse competenze e progettualità al fine di ottenere una linea guida a livello istituzionale che possa rappresentare un qualcosa di nuovo. Affrontandolo nella giusta maniera si hanno risultati sia dal punto di vista estetico ma soprattutto abbiamo una valenza conservativa non di poco conto.
Cosa intende per valenza conservativa?
E’ estremamente importante che il patrimonio venoso non venga strappato o distrutto come si faceva un tempo ma conservato. Questo per il fatto che rappresenta il materiale ottimale per noi chirurghi vascolari o cardiochirurghi qualora dovessimo fare un bypass. Qui si realizzano delle situazioni paradossali in cui fino a poco tempo fa la chirurgia venosa (per una semplice patologia benigna) consisteva nel distruggere il patrimonio venoso. Poi capitava ancora che magari lo stesso paziente avrebbe necessitato di quella vena per un bypass al cuore o al sistema arterioso periferico, per fare in modo di avere salva la vita.
Quindi stiamo parlando di una nuova tecnica?
Più che nuova tecnica, tecnica conservativa piuttosto difficile non tecnicamente ma perché necessita di un trend di conoscenza molto più approfondito, più complesso.
L’approccio allora qual è?
Si sta facendo di tutto per mettere al primo posto la salute del paziente e quella che è la sua prospettiva di vita. Questo, grazie alla conoscenza e all’ utilizzo di tecniche chirurgiche mini invasive che permettono una ripresa immediata delle attività lavorative. E questo è un grande passo avanti.