
A TU PER TU CON MARIA GIUSEPPINA BONAVINA
Intervista alla D.ssa Maria Giuseppina Bonavina Direttore Generale Ulss 8 Berica.
Nuove nomine, nuovi Direttori Generali chiamati ad essere al timone per dirigere le Aziende sanitarie del Veneto. Il nostro viaggio ci ha portato, stavolta, a Vicenza.
Incontriamo il nuovo direttore che è una lei, Maria Giuseppina Bonavina.
Per cinque anni già direttore sanitario dell’Istituto Oncologico Veneto, dove approdò dopo due mandati da direttore generale di quella che era l’Ulss 20 di Verona.
Non è solo il suo curriculum a destare ammirazione ma la sua personalità affabile, disponibile, eppure così determinata.
Un passaggio di consegne importanti: come ha trovato questa azienda che Lei è stata chiamata a dirigere? Quale lo stato di salute?
Uno stato di salute decisamente discreto, tenendo conto del periodo in cui sono atterrata in questa azienda, non certo il più brillante per il settore della sanità in genere, con un covid che è stato molto pressante negli ultimi sedici mesi e che ha visto dirottare tutte le attenzioni sulla pandemia. Questo ha portato inevitabilmente all’abbandono momentaneo di percorsi di attività assistenziale, visto che eravamo tutti concentrati nel tenere a bada il virus. Devo dire che L’Ulss Berica è un’azienda che copre un vasto territorio dove si può davvero spaziare con progettualità nuove.
Una buona azienda che nel prossimo futuro potrà dare soddisfazioni, dopo appunto questi primi mesi di emergenza del mio mandato.
Cosa intende per “soddisfazioni”?
Parlo di soddisfazioni perché è una azienda in salute che dispone di un ospedale hub come il San Bortolo che ho avuto modo di apprezzare già quando ero fuori Vicenza negli ultimi cinque anni a Padova. Sto parlando di un territorio di vaste dimensioni che si differenzia anche come densità di abitanti: vi sono zone più isolate dove si possono impiegare tante progettualità e una programmazione regionale che vede altri quattro ospedali nel territorio, vicini alla popolazione. Realtà che, fra le altre cose, si differenziano per peculiarità, diventando così ospedali del territorio, cosa a cui tengo molto. Fra le altre cose, va detto che si differenziano per attività che mettono in campo: Lonigo è ospedale della rete riabilitativa come definito anche dalle schede regionali. Su questa struttura concentriamo molta attenzione rivolta all’ambito della riabilitazione ortopedica e della cardiologia riabilitativa. Gli altri, sappiamo bene, sono Noventa, Arzignano e Valdagno, tutte altre belle realtà.
Quali possono essere le migliorie da apportare?
Come detto, la salute dell’azienda è discreta, quindi prima di parlare di migliorie andrò a verificare tutti quei percorsi già messi in atto: in quanto alle migliorie, sicuramente ce ne sono. Dobbiamo sempre tendere all’ottimizzazione dei percorsi, rendendoli dinamici rispetto alle necessità dei nostri utenti. Attualmente, ad esempio, siamo impegnati nella creazione di adeguate attività socio-assistenziali per far fronte agli esiti che la pandemia ha lasciato, sia a chi si è ammalato di Covid, sia a chi ha “semplicemente” subito le restrizioni che ha causato.
Qual è la fotografia del San Bortolo in questo momento, rispetto alla pandemia?
Non abbiamo più avuto ingressi covid nelle rianimazioni; ricordo che eravamo arrivati a mettere in campo più di 30 posti letto mentre adesso abbiamo tre pazienti che lasceranno presto il letto in rianimazione. Quindi, non più ingressi nemmeno in terapie non intensive, ciò significa che come tutti stiamo osservando, stiamo tornando a graduale normalità, riattivando quelle strutture che avevamo dovuto chiudere perché il personale è stato indirizzato alle gestione del covid.
Lei ha avuto modo, in una conferenza stampa, di sottolineare l’importanza del “materiale umano” all’interno delle aziende sanitarie.
Credo che la prima risposta di ogni azienda sanitaria al territorio sia data proprio dal materiale umano, che diviene la primissima risorsa. Tu puoi avere attrezzature d’avanguardia, gli ultimi ritrovati in assoluto ma se non hai la risorsa umana in grado di gestire in modo appropriato il tutto, non hai nulla fra le mani. Fare squadra è di fondamentale importanza, come pure il senso di appartenenza. Si deve lavorare insieme per ottenere tutto questo. Personalmente mi sento parte attiva della prima linea, come ho sempre fatto in ogni ruolo ricoperto: anch’io mi sento parte di chi si tira su le maniche, ognuno per le proprie competenze, e ogni ruolo è di fondamentale importanza. Il lavoro è di equipe. Spesso faccio questo esempio: avere bravi chirurghi in sala, preparati e non avere il supporto adatto, è come non avere niente. Trovo indispensabile parlare con le persone che lavorano all’interno dell’azienda che dirigo e non perdere tempo prezioso, cercando al contempo di comprendere cosa si aspettano dal sistema che frequentano quotidianamente. Cerco di
capire anche le persone con cui lavoro quotidianamente, le loro aspettative. Un collaboratore entusiasta è un collaboratore che non potrà che dare il meglio, sempre.
Qual è la difficoltà più grande per un nuovo direttore?
E’ proprio quella di non riuscire a comprende le persone che ti lavorano accanto. Ma per farlo bisogna essere in due, come in ogni rapporto. Avere la capacità di essere schietti con rispetto, rispettando quella che è la mia schiettezza che in primis metto sempre in campo e che mi contraddistingue. La relazione con i collaboratori è sicuramente la cosa positiva di questo lavoro che però può essere l’aspetto negativo, invece, quando non è trasparente. Si parla molto di “umanizzazione” del sistema del servizio. Relazionandosi con sincerità, ci si umanizza.
Quali sono i prossimi passi per il nuovo direttore?
Sono innumerevoli. Intanto la completa presa visione e coscienza di quanto affidatomi. Come detto il covid ha distratto parecchio. Un po’, a onor del vero, è quello che ho sempre detto e cercato di fare soprattutto in un ambito come quello di azienda territoriale come è l’Ulss8 Berica, per mettere il territorio in condizione di dare risposte pronte. C’è un aspetto al quale tengo molto ed è inconfutabile: se funziona il territorio, funziona in automatico anche l’ospedale, perché l’utente accede in ospedale in modo appropriato se il territorio funziona!VVa posta molta attenzione nei rapporti con i medici di medicina generale. Voglio ricordare ad esempio la situazione straordinaria del covid, in merito al momento vaccinale, un momento che stiamo vivendo come mai prima d’ora con un ricorso a vaccinazioni di massa. Ebbene, il loro supporto è stato grandissimo, straordinario, comprendendo il momento, la necessità della collettività
e dell’azienda. Per concludere,
l’impegno è quello di concentrarci a far sì che il territorio funzioni in modo appropriato alle richieste di tutti gli utenti. Non da ultimo, altro fattore importante, il supporto dei sindaci, di fondamentale importanza perché nessuno conosce così a fondo i propri cittadini, come il sindaco. E’ per questo che le porte del mio ufficio sono sempre aperte, affinché la schiettezza, il dialogo e il costruttivo confronto possa portare a continue migliorie a favore di una salute migliore per tutti.