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Dottor Cognolato , prevenzione, cura, riabilitazione

Un “colpo” inatteso. L’ictus: prevenzione, cura, riabilitazione

Dottor Cognolato , prevenzione, cura, riabilitazione   di Caterina Zarpellon   Intervista al dottor Diego Cognolato, primario di chirurgia vascolare osp. San Bassiano  In latino, letteralmente, significa “colpo” e anche nel linguaggio medico scientifico, per parlare di ictus, spesso si continua ad utilizzare la locuzione “colpo apoplettico” o “accidente cerebrovascolare”. D’altro canto l’effetto immediato che l’ictus ha sulle sue vittime sembra proprio quello di un colpo inatteso, vibrato con violenza da una mano rapida e invisibile e tanto forte da provocare la perdita di funzionalità degli arti, la caduta a terra, la paralisi di una parte del corpo o del viso o l’improvvisa perdita della facoltà del linguaggio. In realtà ben sappiamo che tali situazioni non sono dovute ad agenti esterni ma si presentano nel momento in cui una parte del cervello non riceve più sangue ed ossigeno, smette quindi di funzionare e inevitabilmente muore; ciò può accadere quando si rompe una piccola arteria intracerebrale – e in questo caso si parla di ictus emorragico -, oppure quando una delle arterie destinate a portare sangue ed ossigeno al cervello si restringe o, più propriamente, si occlude. In questa eventualità, come spiega il dott. Diego Cognolato, primario di chirurgia vascolare dell’ospedale San Bassiano, si verifica un ictus ischemico. Si tratta della tipologia più frequente, che a sua volta può essere divisa in due grandi categorie: da un lato gli ictus ischemici causati da embolismo e dall’altro gli ictus ischemici – gli unici che possiamo prevenire – dovuti al restringimento aterosclerotico delle arterie carotidee. Dott. Cognolato, quali differenze ci sono tra questi tipi di ischemie e quale delle due si presenta più spesso? “L’embolismo è solitamente collegato ad una disfunzione cardiaca, ad un difetto congenito del cuore o a patologie cardiache particolari e viene trattato con una terapia anticoagulante, come ad esempio l’assunzione del Cumadin. Il restringimento aterosclerotico, da cui dipende il 70 per cento dei casi di ictus ischemico, è invece determinato dal progressivo deposito di materiale dannoso (colesterolo, grasso, calcio…) nelle arterie carotidee, dove si formano delle vere e proprie placche (stenosi), che possono raggiungere anche dimensioni notevoli e tali da ostruire completamente il lume del vaso arterioso e da bloccare così l’afflusso di sangue al cervello”. Come si fa a capire se un’arteria è a “rischio di chiusura”? “Oggi, con una normale ecodoppler, siamo in grado di osservare il livello di occlusione. Se il vaso è ostruito al 70 per cento ( basta il 50 per cento se ad essere occluse sono entrambe le arterie) è necessario intervenire chirurgicamente per prevenire l’ictus”. In cosa consiste l’operazione? “Le possibilità sono due: o si procede con una endoarteriectomia, ossia con la pulizia dell’arteria ostruita, oppure si può posizionare uno stent con una retina metallica dentro il vaso ristretto in maniera tale da allargarne il lume. La prima pratica è più invasiva ma consente di effettuare una pulizia più radicale ed efficace. Per questo si tende a preferirla qualora il paziente da operare sia giovane e in buone condizioni di salute. Viceversa, nell’eventualità in cui il paziente soffra di altre patologie o abbia un’età avanzata di norma si opta per l’applicazione dello stent”. Nel nostro ospedale quanti interventi di questo tipo vengono eseguiti e che età media hanno i pazienti? Sono di più gli uomini o le donne? “Al San Bassiano facciamo in media 200 interventi l’anno e nell’ottanta per cento dei casi si tratta di endoarteriectomie. Tendenzialmente i soggetti più a rischio di ictus sono i maschi intorno ai settant’anni di età. Rispetto al passato tuttavia, oggi sono molte di più le donne interessate da tale problema. Gli stili di vita, d’altro canto, sono cambiati”. Le sane abitudini quindi possono aiutare a scongiurare l’insorgenza di problemi di questo tipo? “Sicuramente è consigliabile evitare cibi grassi, l’alcool e il fumo e praticare invece una regolare attività fisica. Gli ictus ischemici sono infatti spesso collegati all’ipercolesterolemia, al diabete e all’ipertensione e, soprattutto nelle donne, anche a cambiamenti nel metabolismo dovuti all’ipotiroidismo”. Chi soffre di questo genere di disturbi dovrebbe pertanto sottoporsi a dei controlli specifici… “Dopo i 50 anni sarebbe auspicabile che tutte le persone diabetiche, ipertese e cardiopatiche si sottoponessero ad un ecodoppler dei tronchi sovraortici, così come tutti coloro che hanno avuto dei sintomi di ictus: i cosiddetti TIA (attacco ischemico transitorio). Si tratta di veri e propri black out di una parte del cervello, che si manifestano con perdita di forza su una parte del corpo o con difficoltà di deambulazione o di espressione. Possono durare pochi secondi o anche alcune ore, provocando quindi già dei danni cerebrali. Chi ha avuto un Tia deve immediatamente eseguire analisi più approfondite. Per chi invece è stato colpito da un ictus vero e proprio ci sono possibilità di recupero? “Se si tratta di un piccolo ictus si può procedere con la rivascolarizzazione della parte di cervello rimasta senza nutrimento. Qualora invece la lesione cerebrale sia più importante la rivascolarizzazione cerebrale non comporta alcun beneficio, mentre è indispensabile intraprendere un percorso di riabilitazione. In questi casi la fisioterapia è fondamentale ed importantissima per riacquistare, almeno in parte, le capacità motorie”.  

Caterina Zarpellon

Redattrice InFormaSalute

Dr. Diego Cognolato

Primario di chirurgia vascolare dell'ospedale San Bassiano

InForma Salute
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