“Immagina, puoi”, recita lo slogan di un noto spot televisivo. Una versione riveduta e corretta del noto detto: “volere è potere”. Ma è proprio così: a volte le cose che sembrano “impossibili”, per il nostro modo di percepire il mondo, diventano reali per la semplice volontà di chi le realizza.
Ce lo conferma la bella storia di Emilio Bargiacchi e Alice Turbini, una coppia di danzatori sportivi che abbiamo avuto modo di conoscere a Bassano e a cui dedichiamo la nostra storia di copertina. Vederli muoversi all’unisono nei balli sudamericani è un vero spettacolo. Non si tratta tuttavia di una coppia di danza come quelle che siamo abituati di solito a vedere. Emilio infatti è costretto su una carrozzina, sulle cui ruote, manovrate al suono cadenzato della musica, effettua precise e coinvolgenti movenze e piroette. Emilio e Alice sono pluricampioni di Wheelchair DanceSport, una specialità della danza sportiva in cui uno dei ballerini è su sedia a rotelle.
L’esempio dei due bravissimi danzatori abbatte un’importante barriera culturale: quella dell’interazione, nel medesimo gesto sportivo, tra i cosiddetti “abili” e i cosiddetti “disabili”. Una disciplina che non fa sconti a nessuno e che impegna l’atleta in carrozzina nella stessa performance ritmica e coreografica richiesta all’atleta “normodotato”.
Per il momento, in tema di stereotipi e di pregiudizi sulla disabilità, questo viene percepito come un fatto eccezionale, ovvero come una prestazione agonistica che esula dalle normali capacità di un portatore di disabilità a confrontarsi in diretta con un partner o un concorrente sportivo che ha l’uso completo delle gambe e della mani.
Ma questo, in realtà, è un luogo comune che comincia a sgretolarsi, e che trova nuovi modelli di riferimento proprio nello sport.
Oscar Pistorius, il velocista sudafricano bi-amputato che corre sulle piste di tutto il mondo con le protesi in fibra di carbonio, da anni conduce la sua battaglia personale per presentarsi ai blocchi di partenza assieme e contro i normodotati.
Lo aveva già fatto al Golden Gala di atletica leggera di Roma nel 2007, arrivando secondo nella gara dei 400 metri. In occasione delle Olimpiadi di Pechino, il suo caso era arrivato ai vertici della Federazione Internazionale di Atletica: prima escluso e poi riammesso alla possibilità di partecipare ai Giochi Olimpici, Pistorius non centrò l’obiettivo solo per il fatto di non aver ottenuto il tempo minimo richiesto. Ma il suo ingresso alle qualificazioni per le Olimpiadi “normodotate” ha creato un precedente da cui non si può più tornare indietro.
Alla fine, il paralimpico che vuole essere un olimpico ce l’ha fatta.
La scorsa estate, a Lignano Sabbiadoro, il “blade runner” sudafricano ha finalmente ottenuto il tempo di qualificazione nei 400 metri e potrà partecipare alle Olimpiadi di Londra del prossimo luglio. Una dimostrazione che l’“Immagina, puoi”, applicato alle nuove frontiere del confronto atletico tra abili e disabili, è molto più che un semplice desiderio.
“Non sei disabile per le disabilità che hai, ma sei abile per le abilità che hai”, scrive del resto Oscar Pistorius nel suo sito internet.
E’ vero: il velocista che corre con le lame al posto dei piedi è un personaggio al vertice, di indubbia notorietà e di grande richiamo mediatico, e si potrebbe anche pensare che anche in questo caso le sue prestazioni atletiche siano un’eccezione rispetto alla normalità delle cose. Ma ci sono anche tanti altri Oscar Pistorius, colpiti da disabilità motoria, che non conquistano le prime pagine dei giornali e che pure conducono la loro battaglia quotidiana per diffondere e praticare un nuovo concetto di “sport per tutti”.
Come Federica Zago, di Mestre, campionessa di canoa paralimpica, costretta in sedia a rotelle a seguito di un incidente stradale, che abbiamo avuto modo di conoscere al convegno sul tema “Donna e Sport” organizzato lo scorso novembre dal Panathlon e dal Soroptimist all’Ospedale di Bassano del Grappa. Il suo curriculum agonistico è di tutto rispetto, con diversi titoli conquistati nelle gare di canoa paralimpica. E fin qui, per così dire, non ci piove. Ma la cosa bella, e per noi molto significativa, nella storia di questa ragazza è un’altra: Federica ha conquistato infatti anche il patentino di istruttrice del suo sport. Un traguardo grazie al quale oggi può insegnare le tecniche e i segreti della canoa ai suoi allievi normodotati.
Straordinario? Sì, certo. Ma noi, come anche per le danze di Emilio e Alice, preferiremmo dire: assolutamente normale.