EDITORIALE N. 86 – SETTEMBRE 2021
Pochi giorni, fa, e cioè lo scorso martedì 21 settembre, è stata celebrata la Giornata Mondiale dell’Alzheimer.
La giornata cade il 21 settembre di ogni anno ed è stata istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimers’s Disease International (ADI). Non si tratta di una questione di secondaria importanza: secondo i dati del Rapporto mondiale Alzheimer riferito ancora al 2016, in Italia le persone con demenza sono oltre un milione. Per l’esattezza: 1.242.100. Mentre i malati di Alzheimer e di altre demenze sono stimati oggi nel mondo in oltre 36 milioni, con numeri destinati ad aumentare drammaticamente nel giro di pochi anni, trattandosi di una patologia tipicamente senile e tenuto conto – la qual cosa rappresenta il problema dei problemi nel nostro Paese – del progressivo e inesorabile invecchiamento della popolazione.
Questa forma di demenza degenerativa, sulle cui cause la ricerca scientifica sta ancora cercando di fare piena luce, è dovuta ad una alterazione delle funzioni cerebrali che mina la capacità del paziente di condurre attività quotidiane fino a quel momento ritenute “normali”. È il cervello che si “annebbia” e che sconvolge la stessa identità relazionale e affettiva della persona. I più recenti studi sull’argomento dimostrano che l’azione contemporanea di più fattori (attività fisica, training cognitivo, monitoraggio del rischio vascolare, alimentazione) può mantenere o persino migliorare la funzione cognitiva nelle persone anziane “a rischio”. Ed è ormai consolidato che uno stile di vita e di allenamento mentale corretto – attraverso le relazioni sociali, l’attività motoria, lo studio, la lettura eccetera – salvaguarda la “riserva cognitiva” dell’individuo e può ritardare l’insorgenza della malattia fino a cinque anni. Il costo sociale e sanitario dell’Alzheimer è enorme.
Per questo è importante investire sul territorio in iniziative che vengano incontro alla necessità di limitare i danni. Proprio in questo numero di InFormaSalute Italia dedichiamo un articolo all’importante progetto dell’Ulss 7 Pedemontana grazie al quale, forte di un contributo ministeriale di 12 milioni di euro, l’ex Ospedale di Marostica sarà trasformato in un complesso abitativo e di Social Housing per i malati di Alzheimer e di altre demenze che si trovano nella fase precoce della malattia, vale a dire con un decadimento ancora limitato e quindi ancora in grado di interagire sotto il profilo dei rapporti sociali. La rotazione tra gli ospiti sarà frequente e lo scopo della struttura sarà quello di frenare – con gli opportuni stimoli sociali, ambientali e riabilitativi – il processo di decadimento cognitivo. Come ha sottolineato il direttore generale dell’Ulss 7 Carlo Bramezza, in questo modo verrà messa a disposizione della comunità “una struttura abitativa innovativa, destinata a essere un riferimento in tutto il Veneto e anche a livello nazionale, offrendo così ai malati di Alzheimer e ai loro familiari una soluzione residenziale coerente i loro bisogni e allo stesso tempo in grado di valorizzare al meglio il loro livello di autonomia, prolungando così la loro vita attiva e prevenendone l’isolamento sociale”. Certamente un’iniziativa del genere non basta ad arginare il problema, ma per il territorio di riferimento è la prima e fondamentale pietra di un futuro tutto da costruire.