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Le allergie di primavera

Chiara Bonan

junge frau niest

Ne parliamo col dr. Lucio Bacelle, specialista in allergologia

La primavera è tempo di fioriture, di colori, di rinascita della natura. Con l’aprirsi della stagione più colorata e gioiosa dell’anno, però, arrivano anche i dolori per tutti coloro (e si parla di un buon 15% della popolazione) che soffrono di pollinosi, la ben nota allergia ai pollini. I sintomi sono simili del raffreddore: sternuti, naso chiuso, bruciore agli occhi. Solo che durano molto, ma molto più di un comune raffreddamento e possono degenerare, se trascurati, in disturbi più seri anche a carico dei bronchi. Ne abbiamo parlato con il dottor Lucio Bacelle, primario del laboratorio analisi dell’ospedale di Cittadella e specialista in allergologia.

 

– In questo periodo, la primavera, c’è un vero e proprio risveglio delle allergie: quali sono quelle più diffuse tra aprile, maggio e giugno?

– “Bisogna dire che in questi tre mesi ci sono sia i pollini che iniziano a marzo (graminacee), sia i residui di quelli iniziati a febbraio (betullacee e corilacee: betulla, ontano nero, nocciolo, acero, carpine). La pollinazione precoce di questo secondo gruppo di piante è caratterizzata da una pignetta lunga e sottile piena di polline.

In questo periodo, essendoci una concomitanza di più famiglie di pollini, gli allergici soffrono di più  rispetto al mese di febbraio o alla fine di giugno”.

 

– Possiamo vedere i pollini?

– “I pollini allergizzanti non si possono vedere. C’è la credenza, sbagliata, che il piumino bianco del pioppo dia allergia, ma non è così: proprio la sua notevole dimensione lo rende praticamente innocuo”.

 

– Un allergico al polline sta meglio quando il tempo si mette al brutto o in una bella giornata di sole?

– “Esporsi all’aria aperta in una giornata ventosa, soleggiata e secca è peggio di uscire quando piove: in condizioni di maltempo il polline sta per terra e l’acqua lo lava via. Quando c’è vento, invece, viene portato anche a chilometri di distanza dalla pianta”.

 

– Come si distingue un’allergia da un comune raffreddore? Qual è la sua gravità?

– “Il raffreddore nel giro di 6-7 gg passa e non lascia strascico: se dura tanto, le secrezioni sono acquose e gli sternuti continui, è molto probabile si tratti di allergia. I sintomi sono, nell’ordine: una semplice congiuntivite, la rinite (naso chiuso, che cola), e in casi più gravi, sofferenza del bronco con asma. Va detto che  l’allergico, pur senza sintomi gravi,  può sempre presentare una sofferenza dell’epitelio bronchiale, che non va sottovalutata. Io consiglio a tutti gli allergici di sottoporsi, almeno una volta e poi con cadenza annuale, ad un consulto pneumologico, specie in presenza di dispnea”.

 

– Ci sono persone che lamentano allergie tutto l’anno: più forme possono convivere nello stesso soggetto?

– “Sì, certo: di solito la concomitanza tra le allergie si presenta subito. Chi è allergico ai pollini può soffrire della sindrome della mucosa orale, derivante da una “crociatura” tra polline e  alimenti che assomigliano molto al polline. L’allergia a betulle e nocciole può dare disturbi quando si mangiano  fragole, kiwi ciliegia, frutta secca; l’allergia alle graminacee può rendere difficoltoso ingerire melone, anguria, pomodoro crudo, kiwi, mandorla. Questi alimenti, se assunti crudi, provocano un’irritazione alla gola, alla lingua e al palato, dando al soggetto colpito la sensazione di doversi schiarire. Gli stessi alimenti, cotti, possono invece essere mangiati tranquillamente perché vengono inattivati gli allergeni”.

 

– L’allergia si “trasmette” dai genitori ai figli?

– “Si eredita una predisposizione genetica a diventare allergici. Non è detto, però, che se il papà è allergico alle graminacee, il figlio presenti lo stesso disturbo: magari sarà allergico agli acari”.

 

– Quanto contano i fattori ambientali?

– “Molto: conta il livello di esposizione all’allergene. Se si vive in campagna è alta l’esposizione ai pollini, in ambiente malsano si può essere esposti ad acari e muffe.  Più alta è l’esposizione peggio è. Va detto che le allergie sono aumentate del 20-30 rispetto a 20 anni fa, per un incremento dei  fattori scatenanti come l’inquinamento e la manipolazione degli alimenti; la stessa struttura molecolare del polline è cambiata: lo riscontriamo in abeti e pini, per esempio, diventati nel tempo più allergizzanti. L’alterazione che abbiamo creato nell’ambiente ha sicuramente favorito l’aumento delle allergie”.

 

– Quali sono gli strumenti di diagnosi dell’allergia da pollini?

– “Il primo approccio è del medico di base, che ipotizza un’allergia e invia il paziente all’allergologo, che valuta quale tipologia di test è più idoneo al suo caso. Si possono eseguire dei semplici test cutanei, con diagnosi in un quarto d’ora, mentre altre volte la situazione è più ingarbugliata, specie in presenza  di allergie concomitanti: in questi casi è meglio procedere anche con la ricerca delle IgE specifiche nel sangue”.

 

– Esistono delle cure risolutive per le pollinosi?

– “Con la diagnosi in mano, in base all’interessamento o meno del bronco e all’entità dell’allergia, il problema può essere risolto direttamente dall’allergologo (nell’80-90% dei casi) o con l’aiuto di altri specialisti, soprattutto lo pneuomologo.

La terapia più banale prevede l’utilizzo di  antistaminici per via locale, come colliri o spray nasali, o per via orale.  Se questi farmaci non riescono a risolvere il problema, si può tentare con aiuto di un cortisonico; infine c’è la vaccinoterapia (assunzione di pastiglia sublinguale), che nel giro di 6 mesi permette di raggiungere un buon grado di guarigione, per poi passare alla dose di mantenimento con guarigione totale in circa 3 anni”.

 

– E’ meglio vaccinarsi, allora, per risolvere alla radice il problema?

– “Dipende anche da quanto tempo all’anno si sta male: se il periodo è di soli 15 gg all’anno vale la pena di assumere antistaminici, se invece la sofferenza dura a lungo sarà bene valutare l’opportunità di un vaccino”.

 

– E’ vero che un’allergia “trascurata” può trasformarsi in asma?

– “La complicanza più importante dell’allergia è proprio l’interessamento del bronco, con stenosi e asma che può diventare cronica”.

 

– Quali consigli darebbe ad un allergico affinché, adottando determinati comportamenti o evitando certe situazioni, possa migliorare la qualità della sua vita?

– “Come regola generale, la persona allergica non deve fumare e non deve frequentare ambienti malsani con muffe, acari e alta umidità, perché è a rischio di complicanze.

Il polline si diffonde tra le 10 del mattino e le 16: chi è allergico dovrebbe dunque evitare di uscire nelle ore centrali della giornata, privilegiando le prime ore del mattino e le ultime del pomeriggio; dovrebbe cambiare i filtri dell’aria condizionata in casa e in auto, usando quelli specifici antipolline. Non dovrebbe spalancare troppo le finestre di casa, perché il polline entra, si deposita sui cuscini e viene poi inalato in gran quantità durante il sonno. Dovrebbe evitare la frutta e le verdure che danno crociatura con il polline interessato. Se del caso, dovrebbe ricorrere ai farmaci”.

 

– Qual è il luogo di villeggiatura ideale per un allergico al polline?

– “Il mare è ottimo perché l’aria che viene dall’acqua non ha polline. La montagna oltre i 1200 metri è benefica (purché non sia in zona troppo umida, per evitare raffreddamenti) perché a quell’altezza il polline allergizzante, pur presente, è molto diluito con altri tipi di polline”.

Chiara Bonan

Redattrice InFormaSalute

Dr. Lucio Bacelle

Primario del laboratorio analisi dell’ospedale di Cittadella e specialista in allergologia

InForma Salute
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